La Sicilia e la Sardegna

La cultura italiana della tavola

La cultura italiana della tavola

Un calendario di iniziative speciali per scoprire e riscoprire la cultura enogastronomica Italiana: ogni mese un “viaggio” stimolante per approfondire eccellenze territoriali e ricette tradizionali, come sempre all’insegna della rivisitazione creativa e della piacevolezza.

Il calendario: 

Giugno 2022 / Il Lazio

Luglio 2022 / La Campania

Settembre 2022 / La Sicilia e la Sardegna

Ottobre 2022 / Le Marche

Novembre 2022 / L’Umbria

Dicembre 2022 / La Toscana

Gennaio 2023 / Emilia Romagna

Ingredienti e prodotti regionali protagonisti del mese:

Le ricette Speciali del mese

per iniziare...

A seguire...

pER SAPERNE DI PIù…

ALICI, TONNO E BOTTARGA DI SANT’ANTIOCO

(da Il Golosario)

Voliamo sull’isola di Sant’Antioco, a sud della Sardegna, dove abbiamo un riferimento di altissimo livello in Efisio Salis, un’azienda famigliare che si è fatta apprezzare per la produzione di bottarga, acciughe e tonno sottolio (qualità davvero superiore in tutto il terzetto di prodotti).

Annamaria e Mario Salis conducono questa attività fondata quasi 40 anni fa dal padre di lui, Efisio, e in questo lasso temporale, a costo di notevoli investimenti, hanno sviluppato una realtà produttiva artigianale che è un gioiello. Qui la bottarga di tonno e di muggine la trovi in tutti i modi: con le baffe sottovuoto, in polvere; ma non da meno sono le confezioni di tonno (in vasetto o in scatola) e delle acciughe.

Acciughe del Mediterraneo, così come il tonno rosso, che viene pescato da fine aprile a fine giugno e quindi lavorato fresco. E proprio in questi mesi doveva essere produttiva una nuova ala dello stabilimento, frutto del recupero di antichi locali della tradizione isolana dedicati alla salatura delle acciughe. Un rito millenario che in questo angolo di Sardegna appartiene alla cultura e alla storia di ogni famiglia. Qui ci sarebbe stata (anzi, sarà) la nuova linea per la trasformazione del tonno rosso e yellowfine (le varietà più pregiate a livello gastronomico) in prelibate conserve sott’olio.

Pane Carasau

(da Agrodolce)

Il pane carasau, considerato uno dei pani più antichi al mondo, è un pane tipico sardo, originario della Barbagia. Si presenta come una sfoglia tonda molto sottile e croccante, simile ad un ostia. È il pane dei pastori, l’assenza della mollica infatti rende questa preparazione conservabile a lungo e quindi adatta alla transumanza. L’intera fase di lavorazione che in dialetto sardo si dice sa cotta, era un tempo considerata un rito familiare e veniva eseguita da 3 donne, amiche o parenti, che si aiutavano a vicenda o venivano ricompensate con olio o ricotta. Si può gustare in tantissimi modi, i due più famosi sono il pane guttiau e il pane frattau, ma anche al naturale è buonissimo, accompagnato da salumi e formaggi.

La lavorazione:

Possiamo riassumere tutta la lavorazione del pane carasau in quattro fasi: la preparazione dell’impasto, la lievitazione, la cottura e la carasatura (da qui il nome del pane) che sarebbe la seconda cottura del pane che serve a tostarlo. Il pane carasau, fornisce un elevato apporto energetico per il suo ridotto contenuto di acqua, è privo di grassi e ha una buona quantità di proteine vitamine e sali minerali, la presenza del glutine lo rende non adatto alle persone che soffrono di celiachia.

Pantelleria: Cappero IGP di Pantelleria e Pomodori soleggiati

(da Qualigeo)

Territorio:

Il terreno di Pantelleria, di origine vulcanica ed estremamente arido per la scarsa piovosità, è l’ambiente ideale per la coltivazione del cappero e per la lavorazione/essicazione del pomodoro.

Il Cappero di Pantelleria IGP

Si riferisce al bocciolo fiorale della pianta appartenente alla specie botanica Capparis spinosa, varietà inermis, cultivar Nocellara, che viene sottoposto a maturazione tramite salatura con sale marino fresco.

Zona di produzione

La zona di produzione del Cappero di Pantelleria IGP interessa esclusivamente l’isola di Pantelleria, in provincia di Trapani, nella regione Sicilia.

Aspetto e sapore

Il Cappero di Pantelleria IGP ha forma globosa, subsferica, raramente lunga e conica, di colore verde tendente al senape. L’odore è forte e caratteristico; il sapore è aromatico e tipicamente salato. La percentuale di sale marino presente nelle confezioni non supera il 25% del peso dei capperi.

Nota distintiva

Il Cappero di Pantelleria IGP si differenzia dagli altri per il sapore più intenso e deciso dovuto alla presenza nel terreno lavico di percentuali altissime di una sostanza proteica denominata glucocapparina.

Gastronomia

Per una corretta conservazione, il Cappero di Pantelleria IGP deve essere lasciato al naturale, sotto sale marino. Può durare anche degli anni, mantenendo sempre le sue ottime caratteristiche organolettiche. Prima del consumo è importante eliminare il sale in eccesso, lavando il prodotto sotto acqua corrente. Il cappero è ingrediente fondamentale della cucina mediterranea in abbinamento alla pasta, alle carni e al pesce. Protagonista indiscusso sulla Pizza Napoletana STG e su quella siciliana, viene utilizzato nella preparazione degli “spaghetti alla puttanesca” e del “pesto pantesco” con pomodoro, origano, acciughe e olive nere. Ha proprietà diuretiche, toniche e digestive.

Il maialino sardo o Porceddu e il Mirto

(da Wikipedia)

Il porceddu o porcheddu, oggigiorno spesso italianizzato col nome di porcetto e classificato in italiano come suinetto da latte sardo, suinetto sardo o anche porchetto sardo e maialetto sardo, è un secondo piatto tradizionale della Sardegna.

Storia

La tradizione del porceddu da latte giunse, secondo alcune fonti, dagli antichi insediamenti spagnoli che dominarono il territorio per molti anni e veniva originariamente consumato dai pastori sardi nel solo periodo pasquale, in quanto il maiale costituiva un’importante risorsa alimentare per le famiglie. Il porceddu costituisce uno dei piatti più famosi della Sardegna, e viene considerato uno degli alimenti più rappresentativi della gastronomia isolana. Rientra fra i prodotti agroalimentari tradizionali sardi. Un tempo diffuso nella sola Sardegna, il porceddu viene oggi preparato in tutta Italia.

Preparazione

Viene preparato con un maiale giovane di non oltre sei o sette chili, perfettamente pulito internamente ed esternamente, tagliato longitudinalmente e infilato nello spiedo. Viene salato solo a metà cottura in modo che alla fine risulti una cotenna croccante e una carne tenera. Il porceddu viene tradizionalmente aromatizzato e speziato con zafferano, pepe nero o noce moscata, mirto, timo e menta.

Varianti

Meno diffuso ma altrettanto tradizionale è la cottura sotto terra denominata a carraxiu.

Il porcheddu ammurtau viene coperto in foglie di mirto durante il periodo di raffreddamento

La Muddica siciliana

(da Blog Sicilia)

Muddicada o muddica atturrata, è il nome di uno dei condimenti più saporiti della cucina siciliana. In fondo, si tratta soltanto di pangrattato tostato in padella e aromatizzato con aglio, olio e qualche filetto di acciuga da far sciogliere per insaporire a dovere. E’ un condimento da usare in “purezza” o come base per preparazioni più complesse.

Questo condimento è un classico della cucina siciliana ma anche altre regioni la utilizzano, dalla Calabria alla Liguria.   La ricetta di oggi prevede la spaghettata classica con la muddica atturrata. In alternativa, la muddicada può accompagnare una spaghettata  con gamberoni rossi e della buccia di limone grattuggiata o un sughetto di alici fresche.

Il segreto della muddicada è nella semplicità dei suoi ingredienti. Per la sua bontà, questo condimento è chiamato anche il parmigiano dei poveri.

Il Cannolo siciliano

(da Wikipedia)

Il cannolo siciliano è una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana. Come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

In origine venivano preparati in occasione del carnevale; col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità e ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell’arte pasticcera italiana nel mondo.

Preparazione

Si compone di una scorza di pasta fritta (lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4–5 cm) e un ripieno a base di ricotta di pecora. Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta fatta di farina di grano tenero, Marsala, zucchero e strutto che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto.

Secondo ricercatori la farina in origine usata era la farina di grano tenero per dolci maiorca ampiamente diffusa in Sicilia fino agli anni 1950.

Il ripieno tradizionale consiste di ricotta di pecora setacciata e zuccherata. Al ripieno vengono poi aggiunti canditi e le gocce di cioccolato, e infine il dolce viene spolverato di zucchero a velo.

 

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